Dona il 5x1000 alla fondazione felicità - C.F. 97879590012
STORIE STRAORDINARIE

Cervo bianco fra le camicie nere

L'incredibile storia del capo indiano che conquistò l'Italia fascista

9/6/2023 8:01
Giugno 1924, nel porto di Trieste sbarca White Elk, per gli italiani Cervo Bianco, principe degli Irochesi e capo di una tribù di trentamila indiani d'America. La Lega delle Nazioni lo ha inviato in missione in Europa per propugnare la causa dei pellerossa. Viene da Nizza dove le due contesse italo-austriache Kevenhuller, Amalia la madre di 60 anni e Antonia la figlia di 26 hanno deciso di finanziare la sua causa; lui peraltro ha promesso che restituirà ogni lira con le immense ricchezze che possiede in America. Inizia così un tour negli alberghi e nelle dimore più lussuose. 
Prima tappa, Venezia. Lo attende una grande folla, incuriosita dai giornali; e lui non delude: si affaccia dal balcone della sua stanza al Danieli e lancia manciate di banconote sulla gente che lo acclama. Poi incontra i vertici del Partito Fascista e chiede ai fratelli  in camicia nera di schierarsi col suo popolo oppresso; in cambio dona generose somme al Partito. Il copione si ripete in tutta Italia, con accoglienze da capo di Stato, e ovunque elargisce soldi a piene mani.
In un ristorante fiorentino i clienti lo acclamano, poi qualcuno  gli chiede di pagare il conto, lui non batte ciglio e paga per tutti. In ogni città Cervo Bianco lancia i suoi appelli davanti a folle plaudenti e poi dà spettacolo con canti e danze delle sue terre. Proclamato “fascista ad honorem”, il 28 ottobre è invitato a pronunciare un discorso ufficiale per celebrare la Marcia su Roma. Il primo indiano d'America fascista si esibisce per i più importanti gerarchi, e (pare) per Mussolini; i due non si incontrano solo per un disguido, e Papa Pio XI gli invia due foto autografe. 
Poi crolla tutto. A Torino finisce in ospedale: ha la sifilide. L'erede delle Kevenhuller scopre che il suo patrimonio è azzerato e lo denuncia. Col foglio di via, ripara in Svizzera, dove lo rintraccia la contessa Antonia, sua amante (come la madre). Ha scoperto la verità. Lui non è White Elk, ma Edgar A. Laplante, cantante e ballerino di Pawtucket, Usa, figlio di un muratore e (forse) di una nativa americana. 
Dopo gli esordi con una compagnia di teatranti, con la moglie Berta gira gli States vendendo un intruglio miracoloso a base di olio di serpente e intasca abusivamente fondi per la Croce Rossa. Poi mette su uno one man show di canti e musiche indiane truccato da capo degli irochesi, col quale viene in Europa. Quando la troupe rientra in America, lui decide di restare, ma non ha più gli abiti di scena. Così acquista alla Galerie Lafayette di Parigi il costume da indiano che poi userà in Italia. Dopo varie vicende a Nizza incontra le contesse. Nei sei mesi successivi le alleggerisce dell'equivalente di un milione di euro.
Denunciato anche da Antonia, Laplante finisce prima per un anno in manicomio a Mendrisio come “bugiardo patologico dalla personalità istrionica”, poi, estradato in Italia, si fa 5 anni di carcere per truffa. Alle Nuove di Torino non ha neppure i soldi per un maglione, glielo comprano i carcerati  con una colletta. Quando esce torna negli States, dove muore a Phoenix nel 1944.

(La storia è tratta dal libro “Storie straordinarie”,  Florence art edizioni 2021). 
https://florenceartedizioni.com/evidenza/376-storie-straordinarie.html

Potrebbe piacerti anche...

Consulta gli altri articoli

scopri di più
Cookie Policy Privacy Policy